Il Giudice del Lavoro dichiara illegittima una sanzione disciplinare comminata da Poste Italiane ad una lavoratrice che aveva rifiutato la “promozione a tempo determinato” a direttrice di un ufficio postale a cui era stata trasferita per coprirne la carenza di personale
Cgil Padova e Slc Cgil Veneto: “Sentenza preziosa: è il secondo Giudice del Lavoro che sanziona l’uso strumentale del “facente funzione di direttore” da parte di Poste Italiane. E siamo in attesa di altre due sentenze su casi del tutto analoghi”.
“Punita l’arroganza di Poste Italiane: l’auspicio è che certe situazioni si possano risolvere attraverso delle normali relazioni sindacali e non in Tribunale”.
“Il Giudice, definitivamente decidendo, dichiara illegittima la sanzione dell’ammonizione scritta applicata (ndr: alla lavoratrice) per il fatto per cui è causa; condanna Poste Italiane s.p.a. a rifondere le spese di causa, che liquida in Euro 2500,00 di compensi, oltre spese generali, cp e iva; da distrarsi in favore del procuratore antistatario”. È con questa formula che il Giudice del Lavoro di Padova, Dott. Mauro Dallacasa, ha chiosato la sentenza emessa circa un paio di settimane fa e che segna l’indubitabile vittoria di una coraggiosa lavoratrice che non ha esitato a rivolgersi al Tribunale pur di non veder calpestati i propri diritti.
“Questa storia iniziata circa un anno fa – dicono Stefano Gallo, funzionario della Slc Cgil Veneto che ha seguito questo e altri casi analoghi e Marianna Cestaro della Segreteria Confederale della Cgil di Padova – è emblematica sul comportamento di Poste Italiane nel caso di contrasti con i propri dipendenti. A questi è chiesto di obbedire pedissequamente anche di fronte a scelte aziendali decisamente discutibili. La difficoltà a tenere normali relazioni sindacali, poiché Poste rifiuta il dialogo con la nostra Organizzazione Sindacale, ci costringe ad arrivare in Tribunale anche per le più semplici questioni, quali i provvedimenti disciplinari”.
“Nello specifico alla lavoratrice – spiegano il funzionario della Slc Cgil Veneto e la Segretaria Confederale della Cgil di Padova – è stato richiesto di svolgere le funzioni di reggente/direttore presso un ufficio diverso dal suo, per sostituire un’assenza; il CCNL sulla materia parla chiaro: per fare il direttore di un ufficio postale serve un livello superiore a quello “C” in cui lei è inquadrata. Lei correttamente si è detta disponibile ad andare in sostituzione ma come sportellista, non come direttrice. Niente da fare, dopo vari colloqui e molte pressioni, alla lavoratrice viene inviata un’ammonizione scritta. È un’ingiustizia, per altro destinata a ripetersi dato che Poste è costantemente sotto organico e non intende assumere il personale necessario a far funzionare correttamente gli uffici. A questo punto la lavoratrice si rivolge a noi della Slc Cgil, che convochiamo Poste Italiane ad un incontro presso l’Ispettorato del Lavoro, a cui Poste Italiane decide di non presentarsi. Vista l’impossibilità di risolvere la diatriba per via sindacale decidiamo di intraprendere quella giudiziale e ci siamo quindi rivolti allo Studio Giancarlo Moro per ricorrere in Tribunale”.
“Sia chiaro che noi della Cgil – proseguono Stefano Gallo e Marianna Cestaro – non siamo contrari al fatto che una lavoratrice o lavoratore, su richiesta dell’azienda e per brevi periodi, possa andare a ricoprire un ruolo che può presentare dei vantaggi sia dal punto di vista economico che formativo. Ma prima Poste deve mettere lavoratrici e lavoratori nelle condizioni di operare in sicurezza, per sé stessi e per l’utenza. Ricordiamo che il ruolo di direttore prevede responsabilità decisamente importanti e penalmente rilevanti. Inoltre la richiesta dovrebbe essere posta su base volontaria e non obbligatoria. Siamo soddisfatti della sentenza che vede riconosciuto ancora una volta un principio importante, per la quale ringraziamo lo Studio Legale dell’Avvocato Giancarlo Moro e la Dott.sa Alessia Italiano che ha rappresentato la lavoratrice durante la causa. Lo stesso Studio Legale, ad aprile scorso, ci ha rappresentato anche in un’altra causa del tutto analoga e conclusasi anch’essa positivamente. E sempre Moro ci segue in altre due vicende processuali uguali, di cui attendiamo la sentenza, che riguardano ancora l’illegittimità di sanzioni emesse da Poste Italiane nei confronti di lavoratrici adibite impropriamente a ruoli di direzione semplicemente per coprire la grave carenza di personale cronica in tutti gli uffici postali e ancora più pesante in quelli in Provincia”.
“Perché è questo il vero nodo della questione – concludono i due rappresentanti sindacali – e cioè che queste situazioni si creano perché a Poste Italiane manca il personale necessario a garantire un buon servizio alla cittadinanza. E le cose, senza interventi strutturali che vadano oltre alla semplice toppa, non possono che peggiorare. Sindacalmente parlando questo è il tavolo di lavoro su cui confrontarci, liberando le sedi giudiziarie da cause assolutamente evitabili.”
Sul caso, interviene a conclusione anche l’Avv. Giancarlo Moro che commenta: “Le due sentenze hanno chiarito che tra gli obblighi del lavoratore non rientra l’accettazione di una promozione ad una qualifica superiore, che può rivelarsi strumentale, anche se la promozione presuppone il miglioramento delle condizioni salariali. In questo caso nessuna negligenza poteva essere rimproverata alle due dipendenti interessate ed ingiustamente sanzionate. Il loro comportamento è stato infatti ispirato da una valutazione realistica del loro grado di formazione, dai rischi connessi al nuovo incarico e da senso di responsabilità”.