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Reddito di Cittadinanza, Cgil Padova: “I dati relativi alle richieste giunte, negli ultimi due anni, al Caaf Cgil Padova ci dicono che quella sul RdC è una narrazione tutta sbagliata”

È una delle misure destinate a subire una vigorosa stretta nella prossima manovra del Governo Meloni ma da sempre, fin da quando nel marzo del 2019 venne istituito dall’allora Governo Conte 1, il Reddito di Cittadinanza è stato al centro di un autentico tiro al bersaglio, accusato di essere uno strumento a favore degli scansafatiche e di chi non vuole alzarsi dal divano e motivo per cui tanti, addirittura tantissimi giovani lo preferiscono alla fatica di un lavoro.

“Ebbene – dice Lisa Contegiacomo, Amministratrice Delegata del Caaf Cgil Padova – sarà anche una narrazione che funziona e che ha fatto breccia nell’opinione pubblica però cozza brutalmente con quanto dicono i dati in nostro possesso perché, innanzitutto stiamo parlando di numeri decisamente bassi, e poi perché addirittura nell’ultimo anno sono diminuiti. Infatti, al 31 ottobre 2022 nella nostra provincia abbiamo ricevuto 1446 richieste per il RdC. Alla stessa data dell’anno precedente erano state 1501, cioè nel 2022 ne abbiamo avute 55 in meno. Insomma, se consideriamo che il Caaf Cgil Padova, per tutte le tipologie di servizi che offre (Isee, 730, Assegno Unico ecc), copre una quota di mercato pari a circa il 20% del totale degli utenti, capiamo che non arriviamo neanche a 10 mila richieste in tutta la provincia. Insomma: si tratta di una platea assolutamente irrisoria e, francamente, non credo che colpendola si avranno grossi risparmi”.

“L’altro dato che balza agli occhi – prosegue Lisa Contegiacomo – riguarda le fasce di età in cui si dividono i 1446 percettori del RdC nella nostra Provincia. Come si può notare, contrariamente a quel che si racconta, i giovani che nel corso di quest’anno hanno fatto richiesta del RdC sono solo 5 con meno di 20 anni, 86 quelli che sono tra i 21 e i 30 anni, 170 coloro che hanno un’età tra i 31 e 40 anni. Al contrario, è a partire dai 40 anni che aumenta la richiesta del RdC: sono 299 tra i 41 e 50 anni e salgono a 482 tra coloro che hanno tra i 51 e 60 anni per poi, nelle fasce di età successive, tornare a calare”.

“Proprio questi ultimi dati – interviene Palma Sergio, Segretaria Confederale della Cgil di Padova – ci dicono intanto di quanto sia fuorviante il martellamento continuo sui giovani che non vogliono lavorare. Al contrario, qualsiasi statistica riguardante i flussi migratori, ci dice che pur di fare nella vita la professione per cui hanno studiato, sono disposti ad espatriare per andare in Paesi dove vengono valorizzati sia sotto il profilo salariale che nelle prospettive di carriera. Altro aspetto che emerge è che la fascia d’età dove sono maggiormente concentrate le richieste del RdC è quella tra i 51 e 60 anni e questo, vista l’intenzione del Governo Meloni di togliere l’assegno a chi è sotto ai 60 anni perché considerato in età lavorativa, non può che preoccuparci perché è vero che sotto a quell’età si può lavorare ma è anche vero che gli over 50 faticano molto a ricollocarsi nel mercato del lavoro, soprattutto se vengono abbandonati a loro stessi e non si sviluppano politiche per il loro reinserimento lavorativo. Ecco, togliere loro e alle loro famiglie, anche quest’ultima ancora di salvezza è una misura oltre che inutile, visti i numeri, anche profondamente sbagliata destinata ad incrementare povertà e disagio sociale. Altro che politiche di welfare!”.

“Sul RdC – continua la Segretaria Confederale della Cgil – ci sono almeno altre due riflessioni che si possono fare. La prima riguarda il numero dei suoi percettori, decisamente inferiore, se raffrontato a coloro che vivono in una situazione di povertà assoluta nel nostro Paese. Voglio ricordare l’ultima analisi Eurostat sui working poor svolta dal Ministero del Lavoro del Governo Draghi che dava il tasso di povertà in Italia all’11,8% e un precedente studio del Caaf della Cgil Padova che indicava al 15,9% la percentuale dei lavoratori dipendenti in condizione di povertà, stimati in circa 50 mila lavoratori in tutta la provincia, con redditi sotto agli 11.500 euro annui. Se davvero si vuole agire sulla povertà è con questi numeri che ci si deve confrontare, non su chi percepisce il RdC rendendolo addirittura più inaccessibile.

“La seconda considerazione – conclude Palma Sergio – è che il RdC è una misura per i cittadini italiani, sostanzialmente restrittiva per le persone straniere poiché per percepirlo è necessario aver risieduto in Italia per un periodo complessivo di almeno dieci anni, di cui gli ultimi due in via continuativa. Quindi, checché la narrazione corrente ci dica che gli stranieri in Italia rubino risorse ai cittadini italiani, per quanto riguarda il RdC questo non è assolutamente vero. Al contrario, come hanno dimostrato i dati presentati alla Camera la scorsa settimana dalla Fondazione Moressa, gli stranieri in Italia producono una sempre più consistente fetta di PIL nazionale, arrivata ad un 9% sul totale, ossia 144 miliardi di Valore Aggiunto.  Dati che migliorano se poi guardiamo il Veneto, dove il Pil prodotto dagli immigrati è all’ 11,7%. Ma a fronte di tutto ciò gli stranieri hanno anche un basso impatto sull’utilizzo dei servizi o di misure come il RdC generando, pertanto, un gettito positivo per le casse dello Stato. E questo nonostante i lavoratori migranti, proprio sotto il profilo occupazionale, siano stati quelli che per primi hanno pagato gli effetti della pandemia”.

Il Servizio di Telenordest sullo studio del Caaf Cgil Padova

Via Longhin, 117 Padova Tel. 049-8944211 - Fax 049-8944213 - Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo. PEC : Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.
Per il Caaf chiamare il Centro Unico di Prenotazione tel. 0497808208


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