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Fuga degli infermieri. La Cgil di Padova lancia l’’allarme: “Negli ultimi 10 anni persi 15 mila lavoratrici e lavoratori nelle strutture sanitarie pubbliche”

Pagina de il mattino di Padova dedicata a quella che si può considerare un’autentica fuga da una professione, vale a dire quella dell’infermiere, con l’intervista di Elvira Scigliano al Segretario Generale della Cgil di Padova, Aldo Marturano. Una fuga che, dati alla mano, inizia già alla fonte vale a dire nelle facoltà universitarie che dovrebbero preparare il futuro personale sanitario a partire da Scienze Infermieristiche che ha perso in un anno il 20% degli iscritti (erano 1.076 nel 2022, sono 854 nel 2023), senza considerare quelli che una volta laureati preferiscono andare a lavorare all’estero dove a parità di orario e mansioni guadagnano decisamente di più. Il mattino cita il caso del Belgio, dove un un infermiere appena assunto guadagna mille euro in più rispetto a qui, sia a Padova che nel resto d’Italia: 2. 800 euro al mese contro i 1. 700-1. 800 euro.

L’intervista, che riportiamo, prosegue con la denuncia di Marturano su tutti i guai che il sistema sanitario sta attraversando a partire dalla carenza di personale.

PERSONALE IN FUGA

Negli ultimi 10 anni abbiamo perso 15 mila lavoratori delle strutture pubbliche», riferisce Marturano, «A questo bisogna aggiungere che, chi è in servizio, per un terzo ha più di 55 anni. A ridurre di più il personale è stata l'Usl 6 Euganea mentre l'Azienda Ospedale Università, con l'accorpamento del Sant'Antonio dà l'idea di una crescita che è solo sulla carta. Invece, se guardiamo i dati dell'Usl sulla trasparenza del personale a tempo indeterminato, possiamo avere uno storico chiaro: in cinque anni abbiamo perso oltre il 7% del personale. Passando da 7.528 lavoratori nel 2017 a 6.946 l'anno scorso. In particolare gli infermieri erano 3.150 nel 2017 e 2.970 nel 2022 (-6%) e i medici erano 1.000 nel 2017 e 857 (-14, 3%) nel 2022».

Non c'è da stupirsi. Basti pensare che il personale infermieristico in forze nel Padovano, rispetto alla media delle retribuzioni Ocse (Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico), guadagna il 12% in meno: 29 mila euro lordi all'anno contro i 33 mila dei colleghi. «La differenza con i colleghi di altri paesi europei», continua Marturano, «è di circa mille euro in busta paga, il che significa che il personale giovane preferisce, se può, andare all'estero. Noi non siamo attrattivi nemmeno per i giovani professionisti che vengono da altri Paesi».

SI SVUOTA IL PRONTO SOCCORSO

Gli infermieri appena assunti, secondo i dati di Cgil, per il 30% chiede la mobilità o se ne va entro l'anno, avvicinandosi alla propria residenza, nelle regioni vicine o al sud. «Notiamo una minore attrattiva anche per le specializzazioni mediche più faticose, in testa il Pronto soccorso, dove non solo si fa più fatica ma non c'è la possibilità di fare la libera professione», continua il segretario della Cgil, «Sono in aumento i medici che escono dal "pubblico" per entrare nel "privato", dove pongono le loro condizioni, sia per gli orari che per la retribuzione. E così il "pubblico" si trova con meno medici e, spesso, proprio dove c'è già carenza. A tutto questo bisogna aggiungere un altro paradosso. Da una parte il tetto di spesa per cui il "pubblico" non può assumere fino al 2024, per cui non sostituisce il turnover e gli extra turnover. Dall'altra parte, però, paga professionisti a gettone, che costano moltissimo e non sono strutturati».

I PESANTI TAGLI

«La verità è che partiamo "azzoppati" rispetto al resto d'Europa», attacca Marturano, «perché stiamo drasticamente riducendo la spesa sanitaria». A dirlo sono i numeri: nel 2018-2019 la spesa sanitaria era il 6, 5% del Pil (Prodotto interno lordo), ovvero 114 miliardi. Nel 2021 – nella bufera della pandemia – è cresciuta di 7 miliardi, arrivando a 121 miliardi all'anno. A partire dal 2022, invece, il Pil di riduce: il 7,4% del 2020 diventa 7,2% e, quest'anno, 6, 6% e per il 2025 la proiezione è del 6,2%. Eppure Germania e Francia superano il 9% e l'8% il Regno Unito che ha comunque tagliato la spesa sanitaria. Questo significa che la spesa pro-capite in Italia è circa di 1.921 euro a persona, mentre in altri Paesi è almeno il doppio, ma può arrivare perfino a 3-4 mila euro a testa. «Della spesa nazionale il Veneto riceve circa 10 miliardi di euro», riferisce Marturano, «il taglio negli anni ammonta a 6,5 miliardi (circa 1 miliardo per la provincia di Padova) che si traduce nell'aumento esponenziale della spesa privata per la sanità».

I POVERI NON SI CURANO

Le conseguenze sono drammatiche: liste d'attesa infinite, liste di galleggiamento altrettanto infinite, una spinta vigorosa verso il "privato" per chi può permetterselo. E, per chi non può, la rinuncia a curarsi. «Nella nostra provincia 67 mila cittadini hanno rinunciato a curarsi», scandisce Marturano, «a nostro avviso sono quel 70% di precari e part-time involontari che non arrivano a guadagnare 10 mila euro all'anno».

Servono risorse e, secondo Marturano, vanno prese dall'evasione fiscale e dai fondi del Pnrr . —

 

Il Servizio di Telenordest con l'intervento di Alessandra Stivali, Segr. Gen. FP Cgil Padova, sulla penuria di infermieri e sulla scarsa attrattività della professione

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