Poste Italiane nuovamente sconfitta in Tribunale: ancora una volta dichiarata illegittima una sanzione disciplinare comminata ad una dipendente che aveva rifiutato di assumere il ruolo di direttore presso un ufficio cui era stata momentaneamente distaccata per coprire la mancanza di personale
Cgil Padova e Slc Cgil Veneto: “Per la terza volta consecutiva, un Giudice del Lavoro ha sanzionato l’arroganza di Poste Italiane e ritenuto ingiustificata la sanzione disciplinare ad una dipendente che aveva rifiutato di vedersi assegnare mansioni che esulavano dal proprio inquadramento professionale. E siamo in attesa di una quarta sentenza su un altro caso del tutto analogo”
“L’ennesimo caso dovuto alla cronica mancanza di personale a cui Poste Italiane non sta ponendo rimedio”
“Il Tribunale, definitivamente pronunciando, disattesa ogni diversa domanda, istanza ed eccezione, così provvede: dichiara illegittimo ed annulla il provvedimento disciplinare dell’ammonizione scritta irrogato alla ricorrente in data 19.5.2022; condanna Poste Italiane spa a rifondere alla ricorrente le spese di lite che si liquidano in complessivi euro 3000,00 per compenso, oltre spese generali (15%), IVA e CPA con distrazione in favore del procuratore attoreo dichiaratosi antistatario”. È con questa formula, che il Giudice del Lavoro Dott. Maurizio Pascali, in forza al Tribunale di Padova, ha chiosato la sentenza con cui si è conclusa una vicenda iniziata il 5 aprile del 2022, giorno in cui una dipendente di un ufficio postale della provincia padovana si era rifiutata di eseguire un ordine di servizio aziendale con cui le si chiedeva di recarsi in distacco operativo presso un altro ufficio postale di un Comune poco lontano assumendone la carica di Direttore. Nel motivare tale rifiuto, la lavoratrice aveva dato la propria disponibilità ad andare in distacco ma solo continuando a svolgere le proprie mansioni di operatore, per le quali era inquadrata nel Livello C, e non quelle di Direttore che prevedono un Livello B. Ciò nonostante Poste Italiane procedeva con una sanzione disciplinare consistente in un’ammonizione scritta, motivo per cui la lavoratrice si era rivolta alla Cgil per fare ricorso contro quella che riteneva, legittimamente, un’ingiustizia.
“Una sentenza che ci soddisfa su tutta la linea – intervengono Stefano Gallo, funzionario della Slc Cgil Veneto e Marianna Cestaro, Segretaria Confederale della Cgil di Padova – e che conclude un procedimento giudiziario cui siamo stati costretti dall’atteggiamento di Poste Italiane che preferisce spendere risorse in avvocati e intasare le aule dei tribunali invece che risolvere queste vertenze attraverso un arbitrato e delle normali relazioni sindacali. Peggio per loro, il risultato non cambia: anche questa volta, come in altri due casi simili, Poste Italiane ha torto e noi abbiamo ragione. E siamo certi che il prossimo caso analogo cui attendiamo la sentenza finirà nello stesso modo perché la legge su questo punto è chiara”.
“È quel che si evince esplicitamente da questo caso – proseguono i due sindacalisti – dove il Giudice ha richiamato espressamente un orientamento consolidato della Suprema Corte di Cassazione riguardante il principio di autotutela enunciato dall’art 1460 del Codice Civile perfettamente applicabile al nostro caso. Come lo stesso giudice ha ricordato nella sentenza, a cui è giunto dopo aver sentito la testimonianza della stessa lavoratrice e dei rappresentanti di Poste Italiane, il ruolo di Direttore di un Ufficio Postale comporta delle responsabilità penali per cui è necessario un determinato inquadramento professionale, il livello B, che la lavoratrice non possedeva, appartenendo al livello C, e per cui non aveva fatto nessun corso di formazione. E aggiungendo, testuali parole, che ‘il comportamento datoriale non appare improntato a correttezza e buona fede con conseguente legittimità del rifiuto opposto’. È quel che noi sosteniamo da sempre. Eppure a Poste Italiane continuano a far finta di non capirlo e a sanzionare disciplinarmente i dipendenti che, legittimamente, si rifiutano di assumere incarichi per cui non hanno l’inquadramento professionale e la formazione necessaria”.
“Queste vertenze – dicono Gallo e Cestaro – nascono da una semplice ed evidente verità che è davanti agli occhi di tutti, lavoratori e utenti, da anni: a Poste Italiane vi è una cronica mancanza di personale. Senza interventi strutturali, l’unica soluzione che sanno trovare è distaccare momentaneamente i dipendenti nelle sedi vacanti in una perenne logica emergenziale e quando capita che oppongano un legittimo rifiuto, li si costringe fino a sanzionarli. Questa è la realtà che si vive in una delle più grandi e articolate aziende del Paese: poco personale e strumentazioni obsolete”.
“Eppure – concludono i due rappresentanti della Cgil – nonostante queste condizioni, i vertici nazionali di Poste Italiane dipingono un futuro roseo, magari da raggiungere attraverso un’ulteriore privatizzazione che riduca il controllo pubblico dall’azienda, tralasciando le conseguenze che ciò comporterà in termini di riorganizzazione (e probabile riduzione) del servizio universale e non fornendo, proprio in tema di personale, nessuna garanzia sulle assunzioni e sulla formazione, come se non fossero questioni urgenti e non più procrastinabili. Non mancano invece dichiarazioni ardite da parte dei Vertici aziendali che, proprio nei giorni scorsi nel presentare il progetto Polis, hanno lanciato il servizio per il rilascio dei passaporti negli uffici postali dei Comuni con meno di 15mila abitanti. Saremo lieti di sapere come e quando questo sarà realmente praticabile dato che ad oggi, in nessun ufficio postale si possono fare i passaporti perché manca quasi ovunque la strumentazione necessaria e là dove c’è, non è ancora stata abilitata”.
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