12 morti bianche nel padovano da inizio anno ad oggi, dicono le statistiche. Ma diventano 17 se contiamo anche le tragedie sul lavoro avvenute fuori dai confini provinciali che hanno coinvolto lavoratrici e lavoratori del padovano.
Significa più di un morto al mese. Un incremento del 120% rispetto al 2020.
Meritorio spazio al tema delle morti sul lavoro sul Mattino di Padova di oggi con un’Interessante intervista al Segretario Generale della Cgil di Padova, Aldo Marturano, che sollecitato dalle domande dell’ottimo Roberto Rafaschieri non può che iniziare dall’evidenza che, a maggior ragione dopo l’ultima scia di vittime, abbiamo davanti agli occhi: ad ogni ripresa economica corrisponde una ripresa degli infortuni, spesso mortali, nei luoghi di lavoro, fabbriche o cantieri che siano. «Le morti crescono nei territori più produttivi, e non è un caso che anche il Covid abbia colpito per prime le regioni del nord. In Veneto si fanno tante operazioni di facciata: servono azioni concrete»
Segretario, partiamo dai dati: qual è la situazione sul territorio?
«Preoccupante. A fronte di una riduzione dei decessi del 12% a livello nazionale, in Veneto le morti sul lavoro sono in crescita del 21,2%, confrontando i primi otto mesi del 2020 e del 2021. Da 52 a 63 decessi. Padova è la provincia in cui in percentuale le morti sono aumentate di più. Un aumento del 120%, da 5 a 12 morti».
L'aumento non potrebbe essere legato a un dato inferiore registrato nel 2020 a causa del calo della produzione?
«In realtà a Padova non abbiamo mai registrato così tanti morti sul lavoro. Abbiamo già superato il dato annuale massimo registrato, nel 2016, ovvero 11. E l'anno scorso i morti erano comunque tanti rispetto al calo della produzione che c'è stato. Questo significa che sono altri i fattori in gioco».
Quali?
«Carenze strutturali sulle ispezioni, sulla formazione e sul modo in cui questa formazione viene valutata. Ci sono pochi controlli, poco dialogo tra le figure legate alla prevenzione. Questa situazione si lega alla ripresa economica, soprattutto da noi. Dove le attività hanno ripreso a marciare in modo più consistente, i lavoratori sono più esposti. Perché bisogna correre».
Cosa si potrebbe fare?
«Serve una cultura della prevenzione: i lavoratori non devono essere abbandonati, non devono avere timore di denunciare situazioni di irregolarità. Per fare questo ci vuole dialogo: tra i lavoratori, e con gli ispettorati e lo Spisal, con cui i rappresentanti devono entrare in contatto più spesso».
E a livello normativo?
«Giovedì è entrato in vigore un decreto legge, il 146/2021, che secondo noi va nella giusta direzione. È prevista la sospensione dell'attività nel caso in cui risulti in nero il 10% del personale, e non più il 20. C'è poi la sospensione immediata in caso di grave violazione, mentre prima la sospensione scattava con la recidività. Saranno poi assunti mille nuovi ispettori, e si lavorerà sul mettere assieme le banche dati degli ispettorati e degli enti territoriali. Ci sono comunque dei punti deboli, per esempio è prevista la sospensione dell'attività in caso di manomissione di macchinari, ma non nel caso di mancanze importanti come le protezioni verso il vuoto».
In Veneto, invece, a che punto siamo?
«Sono in corso discussioni per la stipula di un nuovo piano strategico per la salute e la sicurezza. Ma fare nuove normative serve a poco se poi non ci si assicura che vengano applicate».
Ovvero?
«La Regione fa spesso operazioni di facciata, ma poi è poco concreta. Il piano strategico approvato nel 2018 non è mai stato approvato. A fatica sono stati assunti 30 ispettori Spisal, ma con i pensionamenti la carenza è rimasta uguale. Nel frattempo c'è stata la pandemia, e gli stessi ispettori hanno dovuto dirottare la loro attenzione. Se non potenzi il sistema che fai, ti affidi solo alla buona volontà degli imprenditori? In molti sanno che potrebbero ricevere un controllo in 20 anni, e se per un po' di incidenti non ce ne sono il rischio se lo prendono. Nello stesso piano si prevedevano più ispezioni, ma se non ci sono più ispettori è difficile. C'è poi il tema della formazione, che andrebbe verificata periodicamente. Tanto più che spesso, quando succedono gli incidenti, a essere colpevolizzati sono i lavoratori che non rispettano le norme. Ecco, già attuare le norme già in vigore, sarebbe importante».