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Ipab: il grido d’allarme della Funzione Pubblica Cgil Padova

Fp Cgil Padova: “O la Regione Veneto interviene con una seria riforma socio sanitaria che regoli il settore o, se si continua così, per le Ipab sarà la fine. La carenza di personale sta di fatto rendendo sempre più insostenibile i carichi di lavoro dei dipendenti rimanenti che, non a caso, si orientano verso il settore della Sanità Pubblica, regolato da un miglior CCNL”

"Se continua così, per le Ipab sarà la fine!”. È il grido di allarme della Cgil Funzione Pubblica di Padova che richiama l’attenzione sulla situazione all’interno dei “Centri servizio per Anziani – Ipab” ormai diventata insostenibile.  “O affrontiamo seriamente i problemi, oppure per le RSA sarà la fine. È da anni che come sigla sindacale denunciamo la quotidiana situazione al limite che si vive nel settore – dicono Raffaela Megna e Alfredo Sbucafratta, rispettivamente Segretaria Provinciale e Funzionario della FP CGIL Padova – chiedendo alla Regione Veneto una riforma, unitaria e a tutti i livelli, che ormai è stata sepolta nel cassetto con funzioni di dimenticatoio della scrivania dell’assessore alla Sanità Lanzarin”.

“Le testimonianze che arrivano dai lavoratori – affermano – passando per le Amministrazioni delle stesse Ipab, sono a dir poco terrificanti. Da una parte la cronica mancanza di personale, dall’altra le difficoltà economiche che le stesse amministrazioni continuano ad affrontare. Tutto questo sta mettendo in ginocchio ogni singola struttura. E il Covid è stata solo la goccia che ha fatto traboccare un vaso colmo ormai da anni. La pandemia ha colpito duramente le RSA, sia del settore pubblico che privato, non solo per l’elevato numero di contagi tra gli ospiti, ma anche per le ricadute negative che le chiusure hanno avuto verso l’esterno con il conseguente isolamento dei pazienti e le inevitabili ricadute sulle loro condizioni di salute. Ma non dimentichiamo anche gli operatori delle strutture che hanno visto aumentare vertiginosamente il loro carico di lavoro, portando gli stessi ad avere, in alcuni casi, un vero tracollo psico fisico. Carichi di lavoro che non diminuiranno senza ingresso di nuovi operatori, cosa estremamente difficile data la mancanza di concorsi e di partecipanti agli stessi”.

“Dopo un anno – proseguono Megna e Sbucafratta – non è cambiato niente. Vogliamo ricordare che nell’ultimo anno gli infermieri presenti sono quelli assunti dalle Ulss e successivamente “comandati” nelle Ipab dove gli era stato chiesto di prestare la propria attività per i primi 6 mesi (con possibile rinnovo per altri 6) per supportare, almeno in quella prima fase, le Ipab. Una misura tampone di fatto insufficiente, visto che nel frattempo la Regione non ha affrontato il problema che ora rischia di mettere in ginocchio le RSA in quanto questo personale in carico alle Ulss, dove risulta vincitore di concorso, prenderà servizio altrove scaduti i 12 mesi di “comando”.

Le denunce di infermieri e OSS si sprecano – concludono i due sindacalisti della FP Cgil Padova – e non lasciano scampo: turni su turni, riposi saltati, doppie notti e continui straordinari.  Il personale non si riesce a sostituire e il numero dei posti vacanti continua ad aumentare. Ma tutto ciò è conseguenza anche del tipo di Contratto che viene applicato nelle Ipab, nella fattispecie il CCNL ENTI LOCALI. Si tratta di un contratto poco appetibile a livello salariale che sta pian piano portando il personale, sia giovane che meno giovane, a orientarsi verso la Sanità Pubblica regolata da un CCNL più vantaggioso. Ma oltre al salario, il personale delle stesse strutture non vede la propria valorizzazione professionale e il rispetto dei propri diritti. È significativo che negli ultimi anni sono stati tantissimi coloro che a conclusione del proprio contratto di lavoro, per pensionamento o dimissioni, hanno accumulato parecchie ore di ferie non fatte e non monetizzate. E tutto ciò, non certo per una loro mancata volontà di usufruirne ma per le difficoltà organizzative degli stessi enti dimostrata anche nell’assenza di una premialità economica e nell’impossibilità di vedersi riconosciute progressioni economiche orizzontali. Inevitabili conseguenze della scarsa disponibilità dei fondi contrattuali, peraltro sempre più risicati”.

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