Il primo triste anniversario dalla scomparsa di Pio Giaretta – i cui funerali si celebrarono, circa un anno fa, il 14 giugno 2023 –, avvenuta nella cava di Torreselle nel comune di Piombino Dese, è l’occasione per fare il punto della situazione rispetto agli infortuni gravi o mortali e alle malattie professionali, vera emergenza sociale del mondo del lavoro.
I decessi vengono definiti sempre con appellativi “fantasiosi”: morti bianche, tragica fatalità; espressioni che tentano di alleggerire il carico emotivo che la scomparsa di una lavoratrice o di un lavoratore scaricano sull’opinione pubblica, andando ad eludere la sconvolgente realtà del morire perché costretti a lavorare accettando condizioni di non sicurezza, di precariato, di subordinazione psicologica, di carichi di lavoro ormai disumani, carente o inesistente formazione o, peggio, pagata e non fatta per non togliere le ore d’aula a quelle della produzione.
Sia mai che il profitto venga messo in discussione, anche davanti alla vita umana.
Ma cosa rimane un anno dopo? Un anno di abbracci e saluti mancati, di vita extra lavorativa annientata in una frazione di secondo. Con una narrazione che, sempre più spesso, ne fa ricadere la responsabilità sul defunto.
Cosa ha fatto l’azienda in questione e cosa hanno fatto tutte le aziende dove sono accaduti infortuni gravi o mortali?
Quante aziende analizzano con sistematicità i NEAR MISS (espressione con cui si indicano le indagini sui mancati infortuni)? Quante aziende revisionano i DVR (Documento di Valutazione del Rischio) o lo scrivono fattivamente, senza copiare e incollare prodotti preconfezionati che trovano nella rete? Quante coinvolgono il management in un processo di virtuosa costruzione della tanto agognata cultura della sicurezza, che non entra nelle persone per infusione ma che va costruita quotidianamente con basi solide?
Quante aziende attuano i ravvedimenti operosi necessari affinché, veramente, lo slogan “che sia l'ultimo” diventi una concreta realtà?
Quante aziende forniscono i DPI (Dispositivi di Protezione Individuale), formando e addestrando i lavoratori affinché li utilizzino correttamente? Quante aziende li manutengono e revisionano con la sistematicità prevista dalla classe del dispositivo?
Quanta superficialità quando si parla di infortuni mortali, quanta pochezza nei contenuti, quanta miopia nell'ipotizzare che un’unica soluzione sia valida ed efficace quando, invece, è strettamente necessaria un insieme di attività e una rete di attori che va dal medico competente aziendale all’ufficio sicurezza, passando attraverso il rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, che sia aziendale o territoriale, di sito o di comparto, fino ad arrivare a tutti i lavoratori.
Dopo il terribile incidente alla ThyssenKrupp di Torino nel dicembre del 2007 (ci furono 7 morti), l’anno successivo nacque il Testo Unico sulla sicurezza, un testo stilisticamente splendido, dall’approccio sanzionatorio che non trova mai applicazione. Prima di emanare nuove leggi, però, sarebbe quantomeno auspicabile che si applicassero quelle esistenti.
Noi come Fillea Cgil siamo impegnati in prima linea nel vigilare e denunciare alle istituzioni quando rileviamo situazioni non conformi alla normativa e, inoltre, segnaliamo sempre quando riscontriamo degli ostacoli che impediscono alle lavoratrici ed ai lavoratori di esercitare i propri diritti. Nessuno, purtroppo, ha la soluzione ma, intanto, un altro anno è passato e altre lavoratrici e lavoratori non hanno fatto ritorno a casa. E tantissimi altri non lo faranno.
Il servizio di Rete Veneta di circa un anno fa relativo all'incidente mortale di Pio Giaretta alla Cava di Torreselle