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Padova e provincia, tornano le assunzioni: 37 mila da Gennaio. Verdicchio, Cgil: "Ripresa precaria e lontana dai numeri pre-pandemia"

Articolo de il Mattino di Padova di oggi sul ritorno delle assunzioni nella nostra provincia. Stando alle stime di Veneto Lavoro, nell'anno in corso (da gennaio a giugno) nel Padovano sono state impiegate 36.905 persone. Precisamente 20.820 a tempo determinato, 7.995 indeterminato, 2.130 apprendistato e 5.950 somministrato (a chiamata). Se guardiamo alla nazionalità scopriamo che 27.815 sono italiani e 9.090 stranieri mentre se guardiamo il genere risulta che 20.065 sono uomini e 16.840 donne. Ma il dato (fra gli altri) che emerge è che se contiamo i nuovi posti di lavoro creati a tempo indeterminato, questi sono solo 2.280, al netto cioè delle cessazioni di lavoro: pensionamenti, dimissioni, fine contratto o licenziamento.

Sul tema è intervenuto Dario Verdicchio, componente della Segreteria Confederale della Cgil di Padova:

Nell’anno in corso si registra una ripresa dei livelli occupazionali rispetto allo stesso periodo del 2021, ma – dobbiamo dirlo – senza raggiungere ancora i numeri dell’anno pre-pandemico, il 2019. È confermata - e così da troppo tempo – la tendenza alla precarietà della nuova occupazione, con il prevalere in larga misura di contratti di lavoro a termine, part-time e somministrati. Dei rapporti di lavoro instaurati nei primi mesi dell’anno in corso quelli precari sono quasi il triplo di quelli stabili: solo due contratti di lavoro ogni dieci sono a tempo indeterminato. I dati Istat del mese di maggio dicono che in Italia siamo arrivati a tre milioni e 176 mila occupati precari: record negativo di sempre, nonostante i limiti imposti dal cosiddetto Decreto Dignità, che i datori di lavoro considerano troppo rigidi.

Dopo gli anni in cui il COVID 19 ha picchiato più forte, l’auspicata ripresa e il prevedibile rimbalzo del PIL non hanno prodotto a sufficienza buona occupazione. Gli attesi recuperi in termini occupazionali dei settori del commercio e del turismo, coincidenti con l’avvio della stagione, non rendono meno critica la situazione. Infatti, il quadro è ancora più negativo se si considera che siamo già in una fase di applicazione del Pnrr. Il Pnrr, pur prevedendo interventi straordinari, non provoca effetti altrettanto straordinari sul lavoro. Come più volte la CGIL ha affermato, gli interventi e le attività del Pnrr sono da rivedere e da collegare alla buona occupazione; così come vanno urgentemente introdotte nuove norme per ridurre la precarietà. Purtroppo i dati attuali confermano queste richieste e gli interventi che restano necessari, adesso sono indispensabili e urgenti.

L’urgenza di politiche industriali degne di questo nome si accompagna alla necessità di investire nelle politiche attive, nella formazione e nel collocamento. Cosa vuol dire? Semplificando, significa che quello del lavoro non può e non deve essere trattato banalmente come un mercato, soggetto all’atteso equilibrio fra la domanda e l’offerta. Come se il lavoro, indispensabile per vivere, potesse ridursi a una merce qualsiasi. Come la domanda di lavoro da parte dell’impresa deve essere sostenuta da scelte di politica industriale, così l’offerta della prestazione da parte del lavoratore deve essere rafforzata da formazione e aggiornamenti continui. Non è accettabile che la presunta difficoltà di reperire manodopera sia all’origine di una odiosa polemica nei confronti dello stesso reddito di cittadinanza. Se, infatti, i salari sono concorrenziali con il reddito di cittadinanza, il problema è dei salari e non del reddito di cittadinanza. Si dovrebbe poi ricordare che, a seguito delle recenti modifiche della norma, non è nella disponibilità dei beneficiari scegliere se tenere il reddito di cittadinanza in alternativa a una offerta di lavoro, anche se questa dovesse risultare congrua”.

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