Tiene banco sulla stampa cittadina il tema degli infortuni sui luoghi di lavoro che, dati dell’Inail, nel 2022, tra gennaio e maggio, sono stati complessivamente 6012 contro i 4961 del 2021. Altro dato preoccupante che emerge è l’età media di chi perde la vita che da 40,47 anni nel 2021 è scesa a 38,63 anni nel 2022.
Davanti a questa autentica strage silenziosa I sindacati confederali rispondono compatti perseguendo un unico obiettivo: zero morti sul lavoro. E per arrivarci, ritengono, è necessario investire nella formazione, imprimere un cambio di mentalità netto e radicale nelle imprese ma anche nei lavoratori, imporre controlli rigidi e sanzioni esemplari ma anche rendere pienamente operativi gli enti di controllo che patiscono una cronica carenza di personale. Sono le linee che i sindacati ritengono essenziali per abbattere i numeri degli infortuni sul posto di lavoro.
Dice Dario Verdicchio, componente della segreteria confederale della Cgil di Padova con la delega della sicurezza sul lavoro: “Occorre un'inversione di marcia in più direzioni: è necessaria garantire ai lavoratori e datori di lavoro una formazione di qualità che venga vista come un’occasione per salvarsi la vita e non, come accade spesso oggi, semplicemente come un obbligo burocratico a cui adempiere al pari di una qualsiasi scocciatura. Unitariamente a questo, servono investimenti reali sul personale degli organi di vigilanza specifica, dello Spisal per intenderci, che oggi sono drammaticamente sotto organico. Non è assolutamente sufficiente procedere con un ritmo di assunzioni in grado solo di coprire solo i posti lasciati vacanti da chi è andato in pensione o ha cambiato occupazione. E poi, vanno anche ricordati I dati riguardanti le malattie professionali, frequentissime anch’esse per effetto diretto dell’incuria per la salute e la sicurezza dei lavoratori che vige in molte aziende”.
“Ma senza un vero cambio di mentalità sul tema della sicurezza – prosegue Verdicchio – che renda inaccettabile morire di lavoro, tutto ciò resta una chimera. Le cose cambieranno se tutti faranno la loro parte: lavoratori, datori di lavoro e, soprattutto, la politica. E questo non sempre avviene. Per esempio, il governo aveva modificato il Testo unico sulla sicurezza prevedendo l'obbligo di formazione anche per i datori di lavoro, ma il decreto attuativo non è mai arrivato. Poi il governo è caduto e questo provvedimento che chiedevamo da anni è inevitabilmente naufragato e ora chissà quando rivedrà la luce. La verità è che le chiacchiere non servono più a nulla e se davvero pensiamo che la vita debba venire prima del profitto, bisogna dimostrarlo con i fatti. Perché la verità è che siamo in un momento molto particolare: dopo le difficoltà causate dalla pandemia rischia infatti di prevalere la logica del tutto, purché si produca”.
“Ecco – conclude il Segretario Confederale della Cgil di Padova, su questo punto voglio essere molto chiaro: non può esistere nessuna crescita produttiva legittima, se questa resta svincolata dalla sicurezza. Non può esistere che padri, madri, figli escano per andare al lavoro e non tornino a casa. I settori più colpiti sono edilizia, agricoltura, manifatturiero ma è un problema generale di cultura. Ricordiamo che le statistiche ufficiali sono sempre al ribasso perché non tengono infatti conto degli infortuni dei tanti lavoratori in nero o di coloro che semplicemente non sono assicurati».