Presenze significative in molte città, davanti ai municipi o in luoghi simbolici nonostante il ridotto numero di persone coinvolte al fine di rispettare le regole contro il contagio. Ma con un coinvolgimento importante di associazioni, sindacati, organizzazioni che hanno voluto far sentire la propria voce ribadendo la necessità di fermare il flusso di armamenti verso il regime autoritario di al-Sisi.
E questo l’ottimo risultato delle iniziative che hanno caratterizzato la giornata di mobilitazione promossa dalla Rete Italiana Pace e Disarmo e a cui hanno aderito tante organizzazioni nazionali e molte realtà locali. Con richieste chiare per il governo italiano e per l’Europa: fermare il flusso di armi verso il regime egiziano, cercare e trovare la verità per il caso di Giulio Regeni e garantire la libertà a Patrick Zaki e a tutti i detenuti politici.
Non è infatti più tollerabile che ci sia da parte del Governo italiano e dei Governi europei un atteggiamento conciliante verso l’Egitto, Paese in cui i diritti umani e le libertà civili sono ogni giorno messe sotto minaccia. Da Milano a Napoli, da Torino a Verona, da Roma a Gorizia per poi passare da La Spezia e Padova. E ancora Bologna, Parma, Ferrara, Modena, Trieste, varie cittadine della Puglia, senza dimenticare Cagliari e moltissime altre località.
“Pur in un periodo problematico e con poco preavviso la risposta alla sollecitazione di Rete italiana Pace e Disarmo è stata importante ed evidente - commenta Sergio Bassoli della Cabina di Regia della RIDP - Il tutto all’indomani della importantissima Risoluzione votata al Parlamento Europeo che ha ribadito i punti chiave delle nostre richieste. Ora la parola passa ai Governi nazionali a partire da quello Italiano. Facciamo appello al Presidente Conte ma anche al Presidente della Repubblica Mattarella affinché ci sia un cambi deciso di politica, a partire da uno stop alle forniture militari. Nessun affare è possibile con chi viola i diritti umani e rende instabile il Mediterraneo”.
Le mobilitazioni simboliche del 19 dicembre, che si completeranno lunedì con una iniziativa a Roma, non sono infatti che un ulteriore passo della campagna #StopArmiEgitto in corso da tempo per chiedere il blocco delle forniture militari all’Egitto. Non solo le due fregate militari per cui già è stata data l’autorizzazione (e che partiranno a breve da La Spezia) ma anche l’enorme contratto pluriennale da diversi miliardi che si prefigura all’orizzonte. Vendere armi all’Egitto significa essere complice delle sue politiche di espansione territoriale, di presenza militare e soprattutto complici nel suo atteggiamento autoritario in politica interna contro il dissenso.
Noi siamo dalla parte della popolazione egiziana e della sua società civile fatta di voci libere e di attivisti per i diritti umani che ogni giorno rischiano la vita per una dittatura a cui i Paesi europei riservano onori e contratti armati. Non è più possibile tollerarlo: vogliamo verità e giustizia per l’omicidio di Giulio Regeni, Libertà e giustizia per Patrik Zaki e i detenuti politici. E chiediamo il rispetto dei diritti umani e delle libertà di espressione e di associazione in Egitto, e in ogni altro Paese.