Oggi, articolo de Il Gazzettino di Padova sul tema della ripresa e, in particolare, sulle fragili basi su cui si poggia, visto che – come rivela Marianna Cestaro, Segretaria Confederale della Cgil di Padova – esse sono costituite soprattutto da lavoratrici e lavoratori in condizione di precariato.
“Se andiamo ad analizzare i dati delle assunzioni del settore privato, vediamo che quasi tutte sono a tempo determinato. E non parliamo di contratti di due anni da rinnovare, parliamo di assunzioni di due settimane, un mese, sei mesi, un anno. Si giustifica dicendo che è una necessità perché non si sa quale sarà l'evolversi della situazione”.
Una realtà dimostrata dalle cifre rilasciate da Veneto Lavoro che per quel che riguarda il terzo trimestre del 2021 cristallizza ad un numero di 1500 le assunzioni a tempo indeterminato contro le 7700 a tempo determinato. “I nuovi assunti sono per il 40% donne – spiega Marianno Cestaro – ma accanto a questo, vediamo che sale la domanda di lavori a chiamata e il 90% viene coperto da donne che quindi sono sempre più precarie rispetto agli uomini. C'è, in generale, un impoverimento del lavoro femminile, le donne sono sotto impiegate e sotto pagate. Una cosa è l'occupazione, un’altra è la buona occupazione. Sono due cose molto diverse".
Inoltre, c'è un'altra questione che riguarda il mondo del lavoro a seconda del genere a cui si appartiene, rivelata dai numeri dell’Ispettorato del Lavoro, nella provincia di Padova, nel 2020, per quel che riguarda le dimissioni volontarie di genitori con figli che hanno meno di 3 anni. In totale sono state 1.200, di cui il 34% presentate da uomini: “Si potrebbe pensare che finalmente anche gli uomini si prendono carico della famiglia, dei lavori di cura che da sempre ricadono sulle spalle delle donne. Ma, ancora una volta, non è così – conclude la Segretaria Confederale della Cgil di Padova- e per capirlo basta andare a guardare cosa c'è sotto quel 34%. Infatti, andando a vedere le giustificazioni date per le dimissioni, notiamo che il 98% delle donne dice che smette di lavorare per accudire i figli. Tra gli uomini, invece, il 96% dice che si dimette perché vuole cambiare lavoro. Ecco allora che emerge che la maternità è ancora un ostacolo al lavoro femminile. E, in conclusione, possiamo dire che la situazione non è esaltante da nessun punto di vista”.
Infine, anche sotto il profilo degli stipendi la situazione si conferma pessima per le donne. Come dimostrato, qualche mese fa, da uno studio del Caaf Cgil di Padova su un campione di 53 mila dichiarazioni dei redditi riferite al 2020, il 44% del totale delle lavoratrici e lavoratori ha subito, rispetto all’anno precedente, una perdita di reddito: ma le donne del 15% mentre gli uomini del 12%. Inoltre, tra pensionate e lavoratrici, le donne guadagnano il 38,35% in meno rispetto agli uomini e si trovano in modo massiccio nelle fasce di reddito medio- basso, tendendo a scomparire con l’alzarsi dei salari. Altro dato che dovrebbe far riflettere è quello relativo ai coniugi a carico, ossia che percepiscono un reddito inferiore ai 2941 euro: di questi, ben il 93% è donna e quindi fiscalmente a carico del marito. Una situazione che, lo studio lo dimostra, non migliora neanche tra i dipendenti pubblici. Estrapolando i dati riguardanti l’Azienda Ospedaliera, l’Ulss 6, l’Università, scuola e Comune, esce un sotto-campione di 1886 dipendenti. Di questi ben 1311 sono donne. Nonostante, nella carta, la parità salariale sia garantita, in media il loro stipendio è inferiore del 20% rispetto a quello degli uomini, una differenza salariale annuale di 6630 euro lordi in media. “A conferma che quando si parla di ripresa i dati vanno analizzati, non usati come slogan – conclude e sottolinea Marianna Cestaro – soprattutto quando la ripresa poggia moltissimo sui precari, il lavoro femminile è sempre più sotto impiegato e sotto pagato e la cura ricade sempre sulle stesse spalle. Quelle delle donne”.
Si allega articolo de Il Gazzettino di Padova