Cgil Padova e Fiom Cgil Padova: “Al termine di una trattativa lunga, difficile e sempre sul punto della rottura, siamo riusciti a raggiungere un accordo per gli 11 lavoratori che si erano affidati a noi per vedere riconosciuti i propri diritti”.
“Fin dall’inizio, vale a dire da questa estate quando esplose il caso, ci siamo subito resi conto che non sarebbe stato semplice riuscire a portare a casa un risultato che rendesse giustizia ai lavoratori caduti vittima di sfruttamento. Esserci riusciti è quindi fonte di soddisfazione e di questo non possiamo non ringraziare l’avvocato Marco Paggi, assieme al suo Studio Legale, e l’avvocata Dora Rizzardo e l’avvocato Giancarlo Moro, entrambi dello Studio Legale Moro. Sono davvero riusciti ad ottenere il massimo che si poteva ottenere in una situazione molto difficile e complicata”.
Sono soddisfatti Aldo Marturano e Loris Scarpa, rispettivamente Segretario Generale della Camera del Lavoro di Padova e Segretario Generale della Fiom Cgil, dopo che ieri sera, è stato raggiunto un accordo che mette la parola fine al caso di sfruttamento e caporalato per undici lavoratori (di circa una trentina coinvolti e seguiti da altre organizzazioni sindacali) che si erano affidati alla Cgil padovana per vedere riconosciuti i propri diritti.
“In sostanza – dicono i due sindacalisti – degli undici lavoratori in ballo, tre verranno assunti con un contratto a tempo indeterminato e riceveranno mille euro di risarcimento. Altri tre verranno assunti con contratto a tempo determinato superiore ai 6 mesi (cosa che da loro diritto di precedenza in caso di nuove assunzioni) e avranno duemila euro di risarcimento. Cinque di loro inizieranno a lavorare dal 23 febbraio, il sesto potrà farlo da maggio perché fino ad allora è nel suo paese di origine dove è in procinto di ritornare per sposarsi. Infine quattro lavoratori riceveranno 5 mila euro di risarcimento mentre per un altro lavoratore il risarcimento sarà di 11 mila euro. Questi ultimi sono lavoratori che si sono trasferiti altrove, sostanzialmente non interessati all’assunzione. Ricordiamo che i lavoratori (cinque pachistani, due somali, due gambiani, un senegalese e un nigeriano) erano tutti lavoratori che operavano in appalto, assunti da BM Service, per Grafica Veneta. Non solo si erano trovati a subire condizioni di lavoro assolutamente fuori ogni crisma di legalità, ma, dopo l’esplosione del caso, si erano anche trovati, nel giro di una notte, senza lavoro e nessun risarcimento, motivo per cui si erano rivolti alla Cgil. Va detto che le trattative per un’assunzione diretta in Grafica Veneta, dopo un certo ottimismo iniziale, si erano complicate per la sopravvenuta indisponibilità della controparte. Non solo: in una successiva intervista al quotidiano La Stampa, il Presidente di Grafica Veneta, Fabio Franceschi si lasciava andare ad alcune considerazioni che tutti ricordiamo, tanto da costringerci a citarlo in giudizio per condotta discriminatoria”
“La cosa deve aver sortito qualche effetto - proseguono Marturano e Scarpa - tanto da indurre il Presidente di Grafica Veneta a fare visita alla comunità pakistana. In effetti, in questo modo, molti dei lavoratori coinvolti e assistiti da un’altra organizzazione sindacale hanno deciso di abbandonarla e sottoscrivere degli accordi individuali. Ma per la stragrande maggioranza dei lavoratori seguiti dalla Fiom e dalla Cgil il rapporto di fiducia non si è interrotto. Oggi lo possiamo dire: hanno fatto bene visto che siamo riusciti a raggiungere un accordo. Condizione per raggiungere questo accordo è stata la rinuncia alla causa per discriminazione che Cgil Fiom e ASGI (Associazione Studi Giuridici sull’immigrazione) avevano azionato anche in proprio”.
“È stata una battaglia durissima – concludono i due rappresentanti sindacali – in cui abbiamo cercato di far valere tutto il nostro peso, non solo nella trattativa, ma anche in tutto quello che la circondava. Abbiamo organizzato manifestazioni e spettacoli teatrali con il coinvolgimento di artisti ed intellettuali con cui ci siamo battuti per tenere viva la fiamma dell’indignazione su un fenomeno, quello del caporalato, la cui diffusione nei nostri territori non può non inquietare. In questa vicenda i fatti parlano più di una sentenza: Franceschi due mesi fa dichiarava “mai più pachistani nella mia azienda” e ora ne ha assunti un bel po’ e la contestata condotta discriminatoria è stata ritirata”.