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Cgil Cisl e Uil: "Ulss 6. E' ora di riprogrammare il sistema sanitario del territorio"

Comunicato congiunto delle segreterie provinciali di Cgil Cisl e Uil: “Dopo due anni di Covid, come siamo messi? Si può ancora operare in emergenza? La necessità di una riprogrammazione del sistema sanitario per una giusta risposta alle esigenze dei territori”

 

"A fine febbraio 2020, esattamente due anni fa, ci siamo dovuti misurare con una situazione che mai e poi mai avremmo immaginato. È arrivato il Covid e con esso si sono evidenziate tutte le criticità del Sistema Sanitario, dovute sia al sotto finanziamento della sanità pubblica, perpetrato nel corso negli ultimi 12 anni, sia, in termini generali, alla cronica carenza di personale causata dal blocco delle assunzioni e dal numero chiuso nell’arruolamento delle professioni sanitarie, comprese quelle dedicate all’assistenza nelle RSA.

Nonostante ciò, le strutture sanitarie padovane, grazie soprattutto a chi ci lavora, hanno retto, seppure con grande fatica e sofferenza. Ci sono riuscite nonostante la mancanza di programmazione e l’esistenza di problemi strutturali che vengono da lontano. Si tratta di elementi penalizzanti per la sanità pubblica, certamente non imputabili solo ed esclusivamente all’emergenza Covid, la cui responsabilità va cercata a livelli più alti di quelli provinciali.

Ma quale è oggi la situazione? Si può ancora, dopo due anni, continuare a pensare ed agire in emergenza?

La risposta è scontata: no! Non dovrebbe essere così ed è quello che in questi giorni stiamo registrando anche se difficoltà e problemi permangono tutti, a fronte di una richiesta di salute che non si esaurisce con la sola risposta al Covid. Perché ormai il virus è diventato endemico, e, per dirla in maniera semplice, c’è ora urgenza di riprogettare, o quanto meno riprogrammare, il sistema sanitario. Va fatto al netto del conto salato che è stato pagato e continua ad essere pagato in termini, soprattutto, di prestazioni “non urgenti” rinviate con conseguente allungamento dei tempi delle liste d’attesa. 

Ma la riprogettazione da porre in atto non può non tenere conto delle specificità territoriali e della conseguente necessità di servizi e presidi rispondenti ai bisogni vecchi e nuovi con particolare attenzione a quei territori che, per scelte organizzative, sono stati maggiormente penalizzati nell’accesso alle prestazioni ed ai presidi sanitari. In sostanza, l’intervento che si chiede deve basarsi sulla riformulazione e rafforzamento della rete di prossimità, delle strutture e della telemedicina per l’assistenza sanitaria territoriale. Un potenziamento dei presidi territoriali non è più rinviabile. Quello che il Covid ci ha sicuramente fatto capire è che il vero luogo di cura e prevenzione è il territorio e che l’Ospedale deve diventare lo spazio esclusivo per le acuzie e le emergenze sanitarie, come è stato per il Covid. Ma bisogna non farsi più trovare impreparati.

Urge dunque una riorganizzazione sanitaria a 360°, cominciando dalle politiche sanitarie regionali e dai piani sanitari che ne discendono. Occorre avere, prima di tutto, una profonda conoscenza del territorio e dei bisogni che emergono, espressi ed inespressi, per poter dare servizi e risposte adeguate ed efficaci. Questo comporta un investimento su tutto il territorio coperto dall’ULSS 6 Euganea, vale a dire l’intera provincia di Padova che, ricordiamo, nel 2021 contava 932.629 abitanti di cui 215.658 over 65 anni per un’età media della popolazione di poco più di 46 anni. Una provincia dove colpisce l’indice di vecchiaia, continuamente aumentato negli ultimi 10 anni che si attesta a 181,7 over 65 anni ogni 100 giovani con un’età inferiore ai 14 anni (era a 133,1 nel 2002), con un netto rovesciamento del rapporto anziani-giovani dove la soverchiante prevalenza dei primi si riflette sulla domanda socio sanitaria. Ma non solo: un semplice sguardo agli indicatori demografici rivela anche che l’indice di vecchiaia varia a seconda dei territori: per esempio nella Bassa si attesta al 193,37%, mentre nell’Alta, per effetto di una più alta percentuale di giovani 0/14, è del 136,37%.  Si tratta di dati con cui non si può non fare i conti quando si parla di riorganizzazione sanitaria.

Invece, un ragionamento a parte merita l’ospedale di Schiavonia, Madre Teresa di Calcutta, che per le caratteristiche strutturali di modularità, del sistema di areazione e modernità della struttura (inaugurata nel 2014) è stato individuato dalla Regione Veneto quale Centro Covid dedicato all’emergenza sanitaria. Come CGIL – CISL- UIL della provincia di Padova non abbiamo contestato questa decisione, assunta sulla base del parere degli esperti, anche se abbiamo evidenziato alla Direzione dell’ULSS 6 Euganea la penalizzazione per i circa 180 mila abitanti della Bassa Padovana nell’accesso alle prestazioni sanitarie ordinarie. Due anni di Covid e di emergenza ci consegnano, in generale, non solo una realtà in cui vanno rafforzati e sviluppati i servizi territoriali ma evidenzia la necessità di non privare i cittadini di punti di riferimento per le prestazioni sanitarie ordinarie e per far fronte a patologie in cui il tempo, in sé, è un fondamentale fattore salvavita. Ciò può essere garantito, come abbiamo più volte evidenziato alla Direzione Generale, proprio per le caratteristiche della struttura di Schiavonia (modularità, modernità, sistema di areazione), attivando un doppio percorso in modo da non penalizzare la gestione ordinaria delle prestazioni sanitarie. E in uno degli ultimi incontri, ci è stato riferito dal Direttore Generale che è allo studio la rimodulazione del sistema di areazione dell’ospedale, proprio per attivare il doppio percorso che separa l’area Covid da quella non Covid. Il prossimo 22 febbraio avremo l’incontro con la Direzione Generale dell’ULSS 6 Euganea per verificare lo stato dell’arte.

Infine: ci vuole una buona dose di realismo e consapevolezza dei bisogni che con il Covid sono emersi o si sono acuiti, come quello della salute mentale, della riqualificazione dell’assistenza territoriale e domiciliare, della vita indipendente e del diritto di curarsi a casa propria e nel proprio contesto di socialità, ovvero di comunità e quindi la gestione della disabilità e della non autosufficienza. I temi sono veramente tanti, ad esempio: il Distretto socio-sanitario, la Casa della Comunità, l’Assistenza Domiciliare, la Residenzialità, la Prevenzione (solo per citarne alcuni). E tocca a chi ha la responsabilità politica e amministrativa della gestione della cosa pubblica - ascoltando e riconoscendo in questo processo un forte protagonismo alle parti sociali, a partire dalle organizzazioni sindacali  - il compito di affrontarli con intelligenza e lungimiranza".

Palma Sergio, Cgil Padova

Stefania Botton, Cisl Padova e Rovigo

Massimo Zanetti, UIl Padova.

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