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Incidente in una ditta di cosmetici a San Pietro Viminario. Ferito un lavoratore di 25 anni.

Marturano, Cgil: «La corsa alla ripresa non deve essere un alibi per precariato e superficialità»

«Basta morti e feriti sul lavoro. Servono controlli e formazione»

Intervista di Elvira Scigliano oggi su il Mattino di Padova, dopo l’incidente successo ieri in località Vanzo a San Pietro Viminario, in provincia di Padova, in una piccola ditta specializzata nella produzione di cosmetici, in cui è rimasto ferito piuttosto seriamente un lavoratore di 25 anni.

Scrive la Scigliano: “Il lavoro può ferire, in alcuni casi uccidere. Ieri Amos Tarassi è rimasto ferito per un incendio in azienda e ora è ricoverato in ospedale. La scorsa settimana Daniel Bianchi, 25 anni è rimasto folgorato per una scarica elettrica a Cartura. E poi le altre giovani vittime, i cui casi hanno scosso la comunità: Lorenzo Parelli, 18 anni, ha perso la vita nell'ultimo giorno di stage a Udine, durante il progetto di scuola-lavoro, travolto da una trave; Andrea Soligo, anche lui 25 anni è caduto da una scala in provincia di Vicenza. Sono ancora calde le lacrime di questi lutti e ieri a Marano Vicentino (Vicenza), un uomo è morto, colpito violentemente al torace da una rondella di metallo. Da inizio anno le vittime sul lavoro sono state 11 in Veneto e 2 in provincia (lo scorso anno 17). Dura la presa di posizione dei sindacati che chiedono lo stop a questa situazione. Ne parla il segretario generale della Cgil Aldo Marturano: «Basta vittime, servono prevenzione e formazione».

Segretario cosa sta succedendo?

«I fattori sono vari. Al netto della guerra e della crisi legata ai costi dell'energia, di fatto la produzione - soprattutto manifatturiera e terziaria - a inizio anno aveva preso a correre verso la ripresa. Questo implica un aumento dei ritmi di produzione. Al di là delle singole vicende, i ritmi spesso sono finalizzati ad accrescere i guadagni tenendo i costi bassi. Il risultato è che finiscono per non tener conto delle misure preventive di sicurezza, che richiedono rigore - soprattutto nella manutenzione delle macchine - e continuo aggiornamento formativo. In alcuni casi più gravi le macchine vengono manomesse proprio per aumentare ritmi di produzione e orari di lavoro».

Ma perché succede a tanti giovani?

«È un fenomeno che va avanti da tempo, spiegabile con il contesto generale di pesante precariato: spesso i ragazzi non hanno stabilità nel rapporto di lavoro. La prima domanda da porsi è se erano stati formati o messi subito all'opera. Il precariato è una sciagura del nostro tempo: il 90% delle assunzioni sono precarie e questo implica che troppo spesso non c'è formazione».

Servono più sanzioni?

«Servono più persone per i controlli. Prima di tutto dovrebbe esserci più sinergia tra Inail e Spisal regionale, veri e propri presidi di sicurezza. Invece concordiamo più persone con la Regione, ma poi "subiamo" troppi pensionamenti e torniamo in deficit. Senza contare che gli ispettori in più sono stati fagocitati dal Covid e così la battaglia è persa in partenza».

Eppure i controlli per le procedure Covid hanno funzionato.

«Esatto. Questo dimostra che la rete può funzionare: le aziende sapevano che era facile ricevere un controllo e sono state molto attente. Quando hanno ricevuto la verifica, sono intervenute subito a sistemare quello che non andava perché sapevano che ci sarebbe stata una seconda verifica di ritorno. Ma questa buona pratica non funziona normalmente».

Dunque gli imprenditori "azzardano"?

«Si, ma non perché in malafede, a volte sottovalutano il pericolo: sono superficiali e pensano che a loro non accadrà».

Cosa si può fare concretamente?

«Al netto dell'aumento dei controlli, non per sanzionare, ma per prevenire, noi abbiamo più volte proposto la patente a punti per le aziende: un'azienda che si dimostra virtuosa, che coltiva la cultura della sicurezza, va premiata. Se, invece, si rivela superficiale, va monitorata di più».

C'è differenza tra aziende grandi e piccole?

«Il rischio c'è sempre, ma le piccole dimensioni non aiutano. I controlli Covid hanno evidenziato questo fenomeno: i piccoli facevano più fatica ad adeguarsi. Eppure quando ricevevano la visita dello Spisal non esitavano a mettersi in regola. Dunque non serve solo un approccio sanzionatorio, ma è indispensabile incrementare la prevenzione. Il tema deve essere una priorità per la politica, ma si comincia con le assunzioni».

Accanto a questo, subito dopo la notizia dell’incidente, la Cgil  e la Filctem Cgil di Padova avevano rilasciato il seguente comunicato stampa congiunto:

Cgil Padova e Filctem Cgil Padova: “Ancora un incidente sul lavoro nella nostra provincia. Siamo nel 2022 ma la sicurezza nel lavoro resta un miraggio. Troppo presto per fare delle congetture su quanto avvenuto ma, in generale, gli incidenti sul lavoro avvengono per tre cause: imperizia, precarietà o cattiva organizzazione del lavoro”.

 “Innanzitutto ci stringiamo all’operaio ferito, ai suoi familiari, amici e affetti e restiamo in attesa di avere un quadro più dettagliato delle sue condizioni cliniche. La sua salute è la cosa più importante”. Sono cauti Dario Verdicchio, Segretario Confederale della Cgil di Padova e Luca Rainato Segretario Generale della Filctem Cgil Padova, nel commentare l’incidente successo stamane presso lo stabilimento della Claire spa, ditta specializzata nella produzione di cosmetici, che ha provocato delle gravi ustioni nel corpo di un giovane operaio di 25 anni, successivamente ricoverato presso l’ospedale di Schiavonia.

“Accanto a questo – proseguono i due sindacalisti – sarà necessario attendere l’esito delle indagini di inquirenti e Spisal per capire le cause della forte esplosione che ha causato questo ennesimo incidente sul lavoro nella nostra provincia. Allo stato attuale è quindi troppo presto per fare delle dichiarazioni definitive su quanto avvenuto”.

“È vero – dicono però Dario Verdicchio e Luca Rainato – che ogni incidente sul lavoro ha una storia a sé, ma in generale, solitamente, avvengono per tre cause: la prima è l’imperizia, che può essere del dipendente o dello stesso datore di lavoro. Imperizia quindi che chiama in causa la formazione sulla sicurezza, alle volte perché proprio non si fa o vi si dà scarsa attenzione. Peraltro, alcune delle recenti modifiche al Testo Unico sulla Sicurezza prevedono finalmente la formazione obbligatoria sulla materia anche per il datore di lavoro, affinché il previsto Documento di Valutazione dei Rischi non costituisca un mero adempimento burocratico ma possa essere redatto con puntualità e sistematicamente aggiornato. Altra causa degli incidenti è relativa alle condizioni contrattuali dei lavoratori perché spessissimo la parola “precarietà” si è rivelata strettamente connessa con la parola “sicurezza” o meglio la sua assenza, visto che spesso viene intesa solo come un costo da tagliare dove è possibile. E infine, altro fattore che incide moltissimo sulla frequenza degli incidenti è la stessa organizzazione del lavoro laddove, per esempio, questa prevede carichi e turni lavorativi in grado di incidere pesantemente sui riflessi e sulle condizioni psicofisiche del lavoratore. E questo avviene perché la priorità viene assegnata al profitto e non alla salute o all’incolumità della persona”.  

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