Notevole spazio nella stampa locale sulla rivalutazione delle pensioni che avrà un impatto anche su 240.341 pensionati padovani. In generale, dal prossimo gennaio i sussidi avranno un rialzo, in media. di circa un centinaio di euro ciascuno. A beneficiarne, anche se meno di quanto servirebbe, saranno in particolare i circa 20mila che ricevono la minima. Accanto a questo, tra le misure varate dal Governo, emerge però che in base alla revisione del meccanismo di rivalutazione (non più basato su tre scaglioni ma su sei fasce) vengono però tagliati progressivamente gli adeguamenti per le pensioni che superano i 2.100 euro lordi. Un elemento che solleva critiche da parte del Sindacato pensionati italiani (Spi) Cgil provinciale, che torna anche a evidenziare la disparità previdenziale tra uomini e donne.
"Da gennaio – spiega Alessandro Chiavelli, Segretario Generale dello Spi Cgil Padova – le pensioni degli oltre 240mila pensionati padovani saranno più ricche. Grazie al meccanismo della rivalutazione porteranno a casa un centinaio di euro in più al mese, visto che l'indice di aumento degli assegni è stato fissato al 7,3% e la pensione media in provincia è di 1.573,80 euro lordi mensili. Peccato che per un quinto di loro (più di 50mila pensionati) la legge di bilancio riservi una beffa inattesa e sgradita. Succede infatti che per fare cassa il governo Meloni ha rivisto il sistema di indicizzazione, sgretolando il meccanismo firmato da Prodi nel 2000, poi reintrodotto da Draghi, che prevedeva una riduzione della percentuale di rivalutazione a seconda del reddito, ma molto più contenuta di quanto deciso adesso. Questo significa che i 50mila pensionati padovani che mensilmente percepiscono più di 2.100 euro lordi perderanno fra 30 e 200 euro di rivalutazione al mese, il che si traduce in un minore incasso che varia da 360 a 2.400 euro annui. I 20mila pensionati padovani con la minima (525 euro mensili) hanno invece un aumento maggiore rispetto agli altri (8,8% anziché 7,3%). Si tratta di 8 euro in più al mese rispetto a quanto avrebbero incassato con il sistema precedente. In pratica un'elemosina che non giustifica il taglio agli assegni più alti ”.
“Il ministro Giorgetti – prosegue il Segretario Generale dello Spi Cgil Padova – sembrava voler mantenere gli scaglioni previsti da Draghi, invece nell'attuale legge di bilancio gli scaglioni superiori di quattro volte il minimo sono stati notevolmente ridotti. In questo modo per aiutare alcuni fanno cassa sulle pensioni: hanno cancellato le cartelle esattoriali da mille euro e intendono ridurre quelle da 3 mila, in pratica chi paga multa e tasse fino all'ultimo centesimo, è vessato; mentre chi non paga, ovvero i "furbetti", si ritrova oggi premiato.
La manovra di bilancio alla Cgil non piace proprio: “È devastante - dice Alessandro Chiavelli – sul sistema di rivalutazione che avevamo riconquistato con il governo Draghi grazie alle nostre battaglie e alle nostre mobilitazioni. Di fatto il governo Meloni si finanzia in gran parte con il taglio della rivalutazione delle pensioni e con la tassazione degli extra-profitti, peraltro già prevista e solo in parte aumentata. I pensionati italiani vengono quindi trattati come un bancomat e alla stregua di aziende che fatturano miliardi di euro. Pensioni da 1.500-1.600 euro netti al mese, frutto di oltre 40 anni di lavoro e di contributi versati, vengono fatte passare per ricche. Con questi soldi fanno condoni, aumentano il tetto del contante, favoriscono i furbi e gli evasori”.
E poi c'è l'ingiustizia opzione donna: “Ci voleva una donna a capo del Governo – rincara la dose e conclude Chiavelli – per peggiorare la condizione delle donne. La Meloni aveva detto che l'opzione donna sarebbe rimasta ma poi ha cambiato le carte in tavola, penalizzando le stesse donne in base alla prole: una follia. E adesso sembra che si faccia retromarcia. Inoltre c'è la "Quota 103" , cioè 62 anni e 41 di contributi , che penalizza sempre le donne: la soglia della pensione è determinata a meno di 2 mila euro lordi, la quota eccedente non le verrà riconosciuta fino a 67 anni e non percepirà gli arretrati. In barba alla rivoluzione”. Alla fine, La categoria più penalizzata è quella dei pensionati sotto i mille euro lordi (se si eccettua il vantaggio irrisorio per chi ha il trattamento minimo). Hanno già dovuto affrontare con enormi sacrifici i rincari dell'energia e dell'inflazione. Per loro la rivalutazione porta in dote fino a 60 euro in più al mese, importo inadeguati per arginare il carovita. Stiamo parlando di 66.465 anziani, per il 71% donne”.