L'aumento delle differenze e dei divari di genere, generazionali e territoriali sono ormai una consolidata tendenza. Il Governo deve fare di più per porvi rimedio.
L’ultimo studio svolto dal Caaf Cgil Padova, su un campione significativo di dichiarazioni 730/2022 riferite ai redditi dello scorso anno, fotografa una tendenza consolidata ai divari di genere, generazionali e territoriali. “Un campione – chiarisce l’Amministratrice delegata del Caaf Cgil Padova, Lisa Contegiacomo – composto da 32.853 persone, tra lavoratori dipendenti e pensionati. Si tratta di un numero che stimiamo essere poco più del 50% della platea totale che ogni anno si rivolge a noi per il modello 730. Sono 18.179 uomini e 14.674 donne (graf 1)”.
“Il primo dato che balza all’occhio, anche se non è certo una novità – puntualizza Contegiacomo – è la distribuzione dei redditi tra i generi, in base alla loro fascia economica di appartenenza. Come dimostra il grafico 2, più è basso il livello di reddito, più alto è il numero di donne che vi rientrano. Faccio un esempio per facilitare la comprensione del grafico: tra chi ha un reddito inferiore a 10 mila euro, le donne sono oltre l’83%. Un rapporto che si ribalta quando parliamo di redditi alti (relativamente alti) per dipendenti e pensionati, cioè superiori ai 40 mila euro all’anno: per quasi il 76% di questi casi, sono gli uomini a riceverli. Una disparità che di fatto si mantiene anche se consideriamo solo le lavoratrici e i lavoratori dipendenti. La naturale conseguenza di questa situazione – come dimostra il terzo grafico – è l’aumento del 2% della platea di donne a carico del marito (per essere considerati a carico del coniuge bisogna avere un reddito complessivo non superiore ai 2.841 euro annui). Il 94% dei coniugi a carico è donna, gli uomini solo il 6%”.
“Il nostro campione – prosegue Lisa Contegiacomo – è composto (Graf 4) da 15.681 lavoratrici e lavoratori dipendenti, da 18.841 pensionate e pensionati e da altre 2.023 persone non rientranti in queste due categorie (minori, deceduti, disoccupati, ecc.). Il reddito medio per gli uomini nel 2021 è stato di 24.367,50 euro, mentre quello delle donne è stato pari a 14.522 euro (Graf. 5). Sono quasi 10.000 euro di differenza all’anno. Un gap salariale, considerando sia le lavoratrici che le pensionate, che raggiungendo il 40,4% segna un aumento del 2% rispetto all’anno precedente. Il Gap salariale si riduce, per così dire, al 32,8% (anche in questo caso un incremento del 2% rispetto al 2020), se consideriamo solo le lavoratrici”.
“I dati elaborati confermano un trend strutturale, incontrovertibile e pure in peggioramento – interviene Marianna Cestaro, componente della Segreteria Confederale con la delega alle politiche di genere e alle pari opportunità – dove la crisi ha peggiorato una situazione che, in ogni caso, non era certo positiva per le donne. Dall’analisi dei redditi risulta evidente la segregazione verticale, le donne occupano i posti di lavoro più precari e meno retribuiti ma non solo: le donne spesso hanno contratti di lavoro part-time e molto spesso si tratta di part-time involontario. Queste lavoratrici povere domani saranno pensionate ancora più povere. È tollerabile per un Paese civile? La Cgil è impegnata da anni per un vero cambio di paradigma culturale sul tema delle discriminazioni di genere, a partire dalla madre di tutte le discriminazioni, la questione della maternità. Non ci giriamo intorno, finché il congedo di paternità non verrà equiparato a quello di maternità non supereremo le disparità né salariali né culturali. La politica batta un colpo, se c’è un tema su cui investire con la massima priorità è questo”.
I dati non finiscono qui. Il grafico n 7 riguarda il reddito medio di chi vive di pensione (appena 17.65,75 euro annui). Chi lavora, a prescindere dal genere di appartenenza, percepisce in media 22.705,75 euro. Tra quest’ultimi, i giovani (under 35) sono i più penalizzati, con un reddito che si attesta a 19.806. A un divario di genere si aggiunge così un divario generazionale. Gli ultimi 4 grafici dello studio del Caaf dimostrano il permanere dell’ultimo Gap, quello territoriale: la Bassa padovana resta il fanalino di coda nel nostro territorio anche per quel che riguarda i redditi di lavoro dipendente (23.733, 50 euro contro i 28.637,50 che si percepiscono nel Centro e i 26.876,50 nell’Alta).
“Numeri – conclude il segretario Generale della Cgil padovana, Aldo Marturano – che se da una parte ci parlano del recupero, nel 2021, della quota di reddito persa nel 2020 a causa della pandemia (nonostante le significative misure sociali adottate dall’allora Governo in carica), dall’altra dimostrano che con un’inflazione misurata a Padova al 6,8% il potere di acquisto di lavoratori e pensionati è già pesantemente colpito. Il drastico aumento delle bollette del gas e dell’elettricità e l’incremento delle spese alimentari metteranno in grande difficoltà tantissime famiglie del nostro territorio e aumenteranno la quota di popolazione a rischio povertà. La pandemia tutt’altro che terminata, la guerra alle porte dell’Europa e una crisi geopolitica che va ben al di là dei confini ucraini, i drammatici problemi alimentari che colpiranno soprattutto i paesi più poveri, determinando migrazioni fin qui sconosciute, la crisi energetica, le difficoltà di approvvigionamento delle materie prime rischiano di causare una tempesta perfetta che, come al solito, colpirà le fasce popolari anche sul nostro territorio con un'ulteriore crescita vertiginosa della povertà assoluta. La risposta del Governo è stata per ora assolutamente insufficiente. E gli stessi investimenti del Pnrr potrebbero, a questo punto, non bastare a risollevare il Paese. Senza politiche che si pongano l'obiettivo irrinunciabile della piena e buona occupazione, soprattutto per i giovani e per le donne, e interventi sociali in grado di compensare il caro vita, non riusciremo a rimanere sulla strada della crescita imboccata nel 2021”.
Il Servizio di Telenordest sullo studio del Caaf Cgil Padova
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